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L’uccisione dell’orso Bruno, ed il rispetto della vita.

 

 

 

Lettera aperta 

 

Alle autorità tedesche

 

Alle autorità italiane

 

Agli esseri umani

 

 

 

L’uccisione dell’orso “Bruno” (Jj1) in Baviera, avvenuta il 26 giugno 2006, ha destato orrore e rabbia negli animi di molte persone. Un po’ meno in quelle dei suoi carnefici, i cacciatori bavaresi, protetti dal nulla osta delle autorità bavaresi (e quindi dal governo tedesco).

 

            E’ naturale che un animale (allevatore) desideri uccidere un animale che uccide i “suoi” animali. Ma perché? Perché questo li uccide prima di lui! Bruno, l’orso trentino sconfinato in Austria e Germania,  era in effetti diventato un pericolo per gli animali, ma non più dell’uomo, anzi. Gli animali uccisi da Bruno per nutrirsi sarebbero stati uccisi senza pietà dai loro allevatori  per semplice denaro. Denaro che molto probabilmente sarebbe servito ad acquistare, oltre a vari beni di consumo, anche cadaveri di animali uccisi dall’uomo; ma non per necessità, bensì per soddisfare una voglia in più: quella del palato. E così il ciclo si sarebbe chiuso.

 

Ma a Bruno, contrariamente a quanto avviene nel parco nazionale d’Abruzzo, non è stato consentito dalle autorità tedesche di nutrirsi, nemmeno dietro risarcimento del danno economico ai proprietari del bestiame ucciso. Mancanza di accordi…

 

Lui non aveva diritti, e quindi è stato eliminato. Chi lo ha ucciso ha commesso un atto di violenza gratuita perché lo ha fatto non per difendere il bestiame che avrebbe potuto essere ucciso in futuro da Bruno, ma per permettere agli allevatori di uccidere loro stessi i propri animali, dopo averli sfruttati il più possibile, e ricavarne immediati e più alti profitti.

 

            Se Bruno si fosse cibato di animali selvatici, se fosse rimasto nelle riserve naturali a lui destinate, se non avesse sconfinato nella “civiltà”, nessuno si sarebbe curato di lui, se non per guardarlo da lontano e ricavare profitti anche dalle sue fugaci apparizioni.

 

            Ma questo a Bruno non lo si può spiegare, né gli si può spiegare perché, dopo averlo lasciato libero, lo abbiamo ucciso. Anche noi italiani. Perché immettere un predatore come l’orso nelle montagne  del Trentino, antropizzate fin sulle vette più alte, pretendendo che non sconfini o che non si cibi degli animali più o meno vaganti allevati da un altro predatore (l’uomo), è semplicemente assurdo. Era pertanto una morte annunciata.

 

            Non è fondamentale che esistano l’orso o la tigre, la pecora o la gazzella, e nemmeno l’uomo.  Nell’universo, nessuno si accorge se una specie in più viene a mancare. Gli equilibri si ristabiliscono da soli. O cessano del tutto. L’inquinamento prodotto dall’uomo elimina ogni giorno centinaia di specie. E ciò continuerà fino al giorno in cui resterà (?) solo quella umana, e i cloni di quelle un tempo selvatiche, generati dall’uomo per il piacere di mangiarseli. Questo, se non riconosceremo anche al più sprovveduto essere senziente il diritto fondamentale di sopravvivere, anche a costo di permettergli di soffiarci una preda a noi non necessaria. 

 

 

 

Movimento Antispecista

 

29 giugno 2006