The Twilight Zone

Il default del governo federale USA era stato puntigliosamente previsto da Chossudovsky in America’s Fiscal Collapse (http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=12517) due anni fa e noi ce ne eravamo occupati (vedi articolo a seguire). Solo facendo i conti intasca, ossia senza indagare le ragioni dello stato dei conti pubblici USA, Chossudovsky previde quanto sta accadendo. Lo stato dei conti pubblici dei singoli Stati poi non è certo in media migliore (Minnesota ha dichiarato default, la California è in quasi-default etc.).Tuttavia assistiamo per l’ennesima volta negli ultimi 35 anni alla tragica farsa circa la necessità di sacrifici, che ci hanno portato a raschiare il fondo della ricchezza in forma di capitale prodotta dal lavoro salariato (l’ennesima compulsiva macelleria sociale)La farsa è veramente degna della stupenda serie The Twilight Zone. Dopo aver truccato i conti o meglio aver prodotto dati in ragione delle unità di misura o dei criteri di misurazione scelti, del tutto funzionali alla propaganda massmediologica totalitaria e volti ad accreditare tassi disoccupazione, crescite del Pil e produttività (l'Hedonic Price Index[1]) inesistenti, adesso gli USA si appresterebbero ad alzare il tetto del debito per fingere di aver evitato il default. La scenografia funzionerà ancora, ma la realtà fatta di vita e rapporti sociali oramai desolatamente fallimentari, ridotti ad una forma larvale (qualunque “primitivo” ne rimarrebbe inorridito), mascherati dalla farsa delle nostre inutili o dannose attività quotidiane - per restare all’”evidente”: fatti di salari da fame e forme di neoschiavismo-servilismo, non possono voilà! scomparire in virtù del copione. Certo, le persone dovrebbero dire basta con le “politiche del rigore” (che tra l’altro non sono servite allo scopo di riattivare l’accumulazione capitalistica[2], bensì hanno semplicemente foraggiato la dinamica speculativa), nel nostro linguaggio smettere di confondere la ricchezza materiale usata e prodotta con la sua forma storica capitalistica.

18/07/2011

 

[1] L’Hedonic Price Index è stato inserito nella valutazione dei prezzi proprio in ragione di ciò. Esso valuta anche il miglioramento nella qualità di prodotti omogenei rispetto ad un anno base (per es. un’auto della stessa cilindrata), conteggiando la migliore qualità intervenuta nella produzione del manufatto. Il valore del manufatto viene così incrementato (nel caso per es. dei computer, ogni aumento nella potenza del processore, che incrementa l’utilità del prodotto e indipendentemente dal prezzo, viene valutato come incremento della ricchezza prodotta) ed una eventuale inflazione rispetto ad un anno base – una valutazione a prezzi costanti – viene ridotta di tanto quanto è stato valutato in termini monetari il miglioramento della qualità. Il PIL così viene accresciuto rispetto a quanto sarebbe secondo il calcolo usuale. Ma poiché ciò non significa null’altro che imputare una crescita nelle quantità fisiche prodotte rispetto all’anno base(rammento che tutto ciò che risulta in più nel PIL in termini monetari dopo averlo deflazionato non equivale ad altro che a quantità fisiche prodotte in più – o in meno, se una volta deflazionato la somma monetaria dei beni finali risulta inferiore ad un anno base), è come se si producesse quantità con la qualità. Un caso interessante di applicazione della dialettica. I trucchi da prestigiatore sui reali tassi di disoccupazione invece risultano dalle numerose stime alternative che raddoppiano almeno quelli ora ufficiali. Non c’è che dire: siamo in totale clima sovietico.

[2] Il caso delle ‘esternalizzazioni’ di servizi un tempo pubblici ne è un esempio. Per la parte finanziata dallo stato (la gran parte), dovrebbe essere similare a quello ad es. delle spese per la difesa, ossia un caso di “consumo sociale”. Poiché però l’obiettivo è quello di ridurre la spesa pubblica, esso non incrementa necessariamente questo consumo, lo rende solo più aleatorio (di là dalle ovvie conseguenze sui lavoratori implicati in servizi un tempo pubblici). Lo stato finanzia le imprese ivi implicate, fornendo condizioni d’accumulazione per queste, ma, come nel caso delle spese militari, non incrementa la crescita economica capitalistica complessiva. Esse dovrebbero essere interamente privatizzate allo scopo. Tutto ciò inoltre incrementa la corruzione (o il business pubblico-privato)) poiché politicanti e funzionari si trovano a svolgere un ruolo crescente nel meccanismo della mediazione politica. La nostra amata “repubblica delle banane” in piena Europa, ne è un fulgido esempio.

 

 

Quel che resta del giorno

 

I dati specifici sulle previsioni di spesa per l’anno fiscale 2010 riportati da Chossudovsky in America’s Fiscal Collapse prevedono entrate per $ 2,381 trilioni a fronte d’una spesa di $ 3,94 trilioni. Il deficit di bilancio previsto è dell’ordine di $1,75 trilioni. Il bello di tutta la faccenda consiste nel fatto che il bilancio dell’attuale meravigliosa amministrazione Obama prevede di già quasi $ 2 trilioni di spesa per le seguenti voci: a)$ 739 miliardi alla difesa; b) $1,45 trilioni di “aiuti” al sistema finanziario; c) $164 miliardi di interessi sul debito. In pratica, non vi sarebbero risorse monetarie per le altre voci della spesa pubblica. Sempre secondo i dati riportati dalla ‘autore, si possono poi svolgere alcune considerazioni e conclusioni di carattere generale. Per quanto concerne gli $1,1 trilioni di dollari di spesa a 'soccorso' della dinamica speculativa ed a carico del Tesoro (i dati fanno riferimento alla tabella su “government’s rescue funds”), si opererà per l'anno fiscale 2010 attraverso lo smantellamento della spesa sociale ed un ulteriore indebitamento (l'autore tuttavia sottolinea che dati i tassi di interesse “vicini allo zero”, l'operazione è quantomeno problematica). Il punto però assai controverso nel quadro d'una politica monetaria classica concerne i $5,5 trilioni a carico della Fed. L'autore evidenzia due punti che possiamo assumere come premessa del nostro ragionamento: a) non sono le banche a esser nazionalizzate, bensì lo Stato acquisito dalle banche in fase di privatizzazione; b) la Fed rappresenta il sistema finanziario americano (Wall Street ed istituti finanziari), poiché sono i principali creditori dello Stato, detengono il controllo del Ministero del Tesoro, della Fed e del Congresso, dunque qualunque politica monetaria è loro funzione. Classicamente, la Fed non agisce sul debito pubblico, non decide sulla fisionomia della spesa pubblica e dell'ammontare del debito statale, si limita ad incrementare lo stock di moneta ad alto potenziale mediante operazioni di mercato aperto e può emettere denaro non creditizio monetizzando debito pubblico. In linea ideale, finché la liquidità prodotta dal sistema economico è adeguata, le banche commerciali emettono depositi/loans (denaro creditizio) sulla base di questa e non sono costrette a ricorrere all'intervento della Fed per far fronte ad esigenze di liquidità. Con l'attuale previsione ed interventi relativi di cui nella tabella, l'intervento della Fed potrebbe equivalere a tre cose: 1) emettere liquidità “dal nulla” procurando una iperinflazione; 2) fornire titoli del debito pubblico in cambio di collaterali fasulli procurando un sottostante per i debiti così cancellati, il che potrebbe equivalere ad un fallimento della Fed; 3) scaricare il tutto sulla spesa pubblica usando le funzioni del Tesoro per operare il “salvataggio” fuori dalle regole classiche. S'intende, o tutti e tre. In ogni caso ciò procurerebbe come effetto un accentuato processo di privatizzazione di beni e funzioni pubbliche per quanto riguarda il terzo punto e comunque per le previsioni di salvataggio previste e già in corso attraverso ciò che compete al Tesoro. Tutto ciò è funzione di ciò che l'autore non può dire e proprio perciò conclude con l'esigenza di riforme monetario - finanziarie. Ciò che non può dire è che la liquidità prodotta spontaneamente dal sistema economico (prodotto netto, denaro non creditizio) è finita nel corso del tempo nel circuito della dinamica speculativa (mercato secondario); questa non esprime costi o prezzi di produzione (non funge da equivalente generale), ma incrementi di prezzo che si sostengono grazie alla prima e fanno il mare magnum del denaro creditizio, che in realtà non significa altro che creazione di debito, il meccanismo essendo quello di essere creato per tornare al punto di partenza. Occorre riflettere sul fatto che in tutta questa faccenda i veri “statalisti” paradossalmente sono stati gli esponenti di certa destra economica americana, i quali hanno consigliato di non operare alcun salvataggio, ma di mandare tutto a puttane. Che fosse nelle loro intenzioni o meno, ciò avrebbe messo la Fed in un’altra posizione ed impedito al Tesoro una politica draconiana, ma certo le conseguenze sociali non sarebbero state meno devastanti di quelle in corso e previste. V’è da notare “a margine” che l’intervento di Chossudovsky è tanto più interessante in quanto esemplificativo d’una situazione generale di default attuali e potenziali degli Stati a tutte le latitudini. Per ciò che riguarda l’Occidente, basti citare l’Islanda, la Grecia e la California. 07/09