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Della "crescita" capitalistica

Il mantra dell’obiettivo della crescita economica è crimine organizzato. Per due milioni di anni le specie ominidi ne hanno fatto a meno. (la civiltà poi conta per il 6,5% circa dell’avventuradi Homo Sapiens ). Il fatto che loschi individui ed istituzioni lo reiterino paranoicamente fa tutt’uno con una massa che, in preda all’imperativo in uso da qualche secolo del progresso tecnico-scientifico, considera tutto ciò un’ovvietà. Tale obiettivo cela la fine ingloriosa di un sistema sociale – il capitalismo – che ci ha condotti ad una miseria antropologica forse senza fine. Basterebbe questo a mostrare che l’avventura della civilizzazione è stata non si sa in che misura una “fuga in avanti” che ci ha tolto il terreno da sotto i piedi. Questa miseria è oramai solo una sequela di orrori. Essi sono “apparati” di dominio che hanno il solo scopo di autoriprodursi sotto la specie di servigi forniti all’umanità, fagocitando invece le nostre vite e quanto gli sta attorno: l’apparato criminogeno sanitario buono per quei corpi malaticci che ha prodotto la civilizzazione, l’apparato mostruoso che lobotomizza menti e debilita corpi chiamato istruzione, l’apparato militare-industriale che va da sé, l’apparato previdenziale, misura della miseria esistenziale a cui una vita trasformata in un supporto dell’efficienza economica può giungere, gli apparati politici con i loro ridicoli personaggi quotidianamente spiaccicati sui mass-media, l’evirante apparato carcerario, quel grumo malefico di corporation industriali ed agro-alimentari che hanno trasformato il nostro elementare bisogno di riprodurci stabilmente in un incubo con cui siamo costretti a vivere e morire ogni giorno (mostruosi regimi alimentari fatti di campi di stermino per il Meat-Business e monocolture cerealicole in testa), ed infine gli apparati securitari tutti che ci rammentano quanto questa vita si  svolga all’insegna del dominio, in un immenso gulag fatto di computer, videosorveglianza e puzza di piscio. Una immensa esperienza di “condanna di morte a vita” (Adorno). Ironia d’una Storia tragicomica, l’apparato della finanza speculativa forse soltanto potrà salvarci, giacché sta mandando tutto a puttane. Così la massima aspirazione del capitalismo, ossia il fare più denaro (valore che valorizza se stesso) senza la dura fatica di un tempo di lavoro produttivo, appena compiuta prosciuga ricchezza monetaria e da sé tutto dissolve nel grande spettacolo d’un capitalismo da casinò, ed a suo modo ci ricorda che il lavoro tout court va abolito. A questo crimine dovremmo sostituire un’”economia” partecipata del produrre poco e di qualità (invece della miseria passata e di quella consumistica presente), non finalizzata all’accumulazione; un sistema a riproduzione semplice caratterizzato dalla preservazione dell’ambiente piuttosto che dal suo sfruttamento. Il criterio dovrebbe essere “la conservazione e l’adattamento alla biosfera” piuttosto che la “crescita” e dunque la fine dello sfruttamento degli uomini sugli uomini e sulle altre specie viventi che ha accompagnato da sempre la civilizzazione ed in specie l’abominio finale dell’industrialismo capitalistico, onde riscoprire una passata socialità (naturale) secondo la forma del nostro tempo, ossia l’autogestione delle forme di vita che crederemo più adatte allo scopo. Il nostro nuovo ideale regolativo, dopo le panzane di millenni della cultura del dominio, dovrebbe essere la pre-storia. Questa sarebbe una post-civiltà. Essa richiederà una post-tecnologia, che consenta la simbiosi con la natura e non la estraneazione da essa. Dovremmo restare ancorati alla terra e prendercene cura per il tempo che ci è stato dato, invece di dominarla folleggiando viaggi intergalattici ed una ancor più stupida umanità bionica. (06/12/2011)